Continuando i miei pellegrinaggi sonori da “spider” musicale dell’infosfera, ho puntato l’attenzione su una label che ha in passato incrociato la navigazione digitale di Kathodik, l’umbra To Lose La Track, progetto interessante che da parecchi anni si muove verso orizzonti di matrice punk, e che oltre alla label propone ogni anno, nelle campagne umbre, il festival musicale Italian Party, (presto un approfondimento sempre su questi lidi). Giunto al punto, mi sono attivato contattando Luca Benni, che si è mostrato subito disponibile a raccontarmi la storia, la quotidianità e il futuro della To Lose La Track. A voi la lettura.
Come è nata l’idea di fondare la label To Lose La Track?
To Lose La Track (per gli amici TLLT) nasce nel 2005 grazie allo spirito di emulazione. Sul finire degli anni 90 e nei primi anni del 2000 avevo girato con gli amici per un po’ di piccoli festival italiani tra il centro e il nord Italia (cito a memoria Musica Nelle Valli, Shagoo Shagoo, Ferrara Trema, Pop-Gradara e altri) e di concerti di band indipendenti dell’epoca.
Ai festival scopriamo la magia dell’autoproduzione e tutta una serie di minuscole etichette “do it yourself”. E poi decidiamo di provarci anche noi perchè ci eravamo stufati di sentire ottimi gruppi con ottime canzoni rimanere confinati nelle sale prove. E infatti, dopo la prima uscita in coproduzione (erano i Fine Before You Came), abbiamo deciso di pubblicare qualcosa dei Dummo.
Su che genere musicale vi siete orientati? E perché? La vostra proposta musicale è cambiata negli anni?
In generale le pubblicazioni si basano su quelli che sono stati i miei gusti dell’epoca e la loro evoluzione negli anni ha seguito pari pari l’evolversi delle uscite in casa TLLT. Tant’è che dal classico indierock post punk dei Dummo si è arrivati alla synth wave degli americani Survive o alla chill wave suonata degli Anna Ox usciti di recente e presenti nel nostro catalogo. In mezzo abbiamo infilato un po’ di uscite abbastanza catalogabili nel cosidetto “emo italiano” (Gazebo Penguins, Altro, Verme, ecc.) ma in maniera abbastanza casuale, diciamo che il giro di gruppi che ci piacciono, di amici e collaboratori si è aperto notevolmente in questi anni.
In che formato pubblicate le vostre produzioni? Vinile? Cd? Digitale? Quale formato secondo voi riesce ad esprimere meglio la vostra filosofia di Musica? Quale formato è più richiesto?
Siamo partiti stampando dei cd, anche per motivi economici e comunque in quegli anni non c’era ancora stato il ritorno preponderante del vinile. Ritorno che ha catturato anche la mia attenzione, da quando compravo vinili perchè non avevo ancora un lettore cd e, quando le economie lo hanno permesso, abbiamo iniziato anche noi a stampare piccole tirature di vinili, con tutto quello che ne è conseguito in termini di mercato e di saturazione: dapprima gli stampatori ci venivamo dietro e non c’erano problemi di sorta, poi piano piano le presse hanno avuto dei ritardi pazzeschi perchè, tutti anche le major discografiche, volevano stampare i dischi e c’era da fare loro spazio: questa rinascita del business ha portato anche all’apertura di nuove aziende che stampano i vinili (un paio di amici ci si sono buttati per esempio) e ora i tempi di pubblicazione di un vinile sono tornati ad essere di nuovo umani (da 5/6 a 7/8 settimane per stampare 200/300 copie di un vinile). Tutto questo perchè comunque il vinile anche se più costoso come “prodotto” resta al momento quello più richiesto anche da chi non ha un giradischi e magari si ascolta la musica in streaming ma gradisce collezionare l’oggetto vinile; alla fine è molto consumistica come prassi ma se il merch può aiutare le band ben venga. Dal canto nostro cerchiamo di curare le produzioni in tutti gli aspetti dal colore del vinile alle grafiche quindi, quando le finanze e i tempi di produzione lo permettono, preferiamo sempre optare per questo formato. Ogni tanto facciamo pure qualche musicassetta, è una 15ina d’anni che le stampiamo (prima in UK, ora ci sono un paio di stamperie anche in Italia) e anche questo è un formato che il pubblico sta riscoprendo (non come il grande pubblico dei vinili ma insomma), abbiamo pure ristampato qualcuno dei nostri bestseller in cassetta, che fa sempre tanta nostalgia…
Cosa ne pensate delle coproduzioni tra label discografiche?
Ogni collaborazione ha una storia a sé, idee che nascono quando ci s’incontra, ai concerti, in email, non esiste un modello classico. Te ne dico un paio che sono stati proprio curiosi e divertenti: lo split dei Cani con i Gazebo Penguins e la collaborazione con 42 Records è nata all’epoca (2012) dopo gli apprezzamenti reciproci che le due band si facevano a distanza, nelle interviste, visto che i rispettivi album erano usciti quasi contemporaneamente. Quello split in 10″ era uscito per il Record Store Day, all’epoca, in 500 copie, adesso vedo su Discogs che girano a prezzi folli (da 800 euro in su). Altro esempio ancora la collaborazione con Shove Records per “La mano sinistra” dei Chambers: ci si conosceva tutti da diversi anni e sommare le forze, anche economicamente, ha permesso di far uscire edizioni ultracurate di vinile e cd. Poi ci sono etichette a cui vogliamo bene come Sonatine Produzioni di Fano e con loro è sempre un piacere collaborare ad un disco insieme.
Che ne pensate dei social per promuovere la conoscenza e l’ascolto della musica della vostra label? Siete attivi sui social?
Importantissimi, come tutta Internet che ha permesso prima con il free download e oggi con Bandcamp, Spotify e gli altri servizi di streaming di avere un canale “promozionale” a portata di click, senza pari rispetto a 30 anni fa. E preferenziali one to one con i propri fan e appassionati delle nostre musiche. Da parte nostra sono Facebook, Instagram i più gettonati come social. Tiktok non fa per noi al momento =)
La label è localizzata in Italia. In questi anni avete trovato un pubblico nostrano ricettivo che non vi ha fatto optare per il trasferimento verso altri lidi?
E’ una delle prerogative della nostra label, quella della musica in provincia, fuori da grandi giri ma sicuramente con qualche cosa da raccontare (qui da noi sono passati i grandi del jazz con Umbria Jazz negli anni 70 e concerti memorabili di Rockin’ Umbria negli anni 80) quindi stiamo bene dove stiamo, la base è a Umbertide, la provincia della provincia umbra, ma visti anche i risultati di pubblico e critica che ha il festival che organizziamo ogni anno in estate tra i comuni di Umbertide e Montone (Italian Party, giunto alla 22esima edizione quest’anno) direi che andando avanti a testa bassa e con perseveranza, ne vale la pena.
Come vedete il futuro della musica punk, con annessi e connessi?
In Italia soprattutto a fianco di alcuni mostri sacri di genere come RAEIN e LA QUIETE ultimamente ci sono una serie di band abbastanza giovani che stanno facendo benissimo, generando nuovo interesse da parte dei kids più giovani e non solo. Gruppi come RADURA, OJNE e STEGOSAURO vanno in tour fuori dai confini italiani, in USA, Canada, Giappone e sono seguitissimi pure lì. Tutto questo movimento, anche ai concerti in giro per l’Italia, fa davvero ben sperare.
Possibili progetti futuri come un documentario e/o un libro che racconti la storia della label?
Prossimo anno sono 20 anni che TLLT esiste, stiamo pensando ad una serie di iniziative per questo traguardo importante, che è un bel lasso di tempo e di storie da raccontare; sicuramente un vinile antologico con allegato un libro fotografico che di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. Vediamo quello che viene fuori, stay tuned.
Chiusa dell’intervista: le prossime uscite in cantiere?
Fuori questo mese, il ritorno sulle scene dopo 10 anni dei fiorentini DISQUIETED BY con un album dal titolo “Pet of the week” punk / rock’n roll potentissimo e divertentissimo e nei prossimi giorni invece anche il nuovo album di URALI (al secolo Ivan Tonelli) cantastorie triste ed emozionale che esce con il nuovo lavoro chiamato “Abandoned Meanings”. Supportate le band e le etichette indipendenti!
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