(pfMentum 2021) Michael Vlatkovich, trombonista, compositore e arrangiatore, è uno dei maggiori improvvisatori di Los Angeles, in grado di spaziare dalla world music al jazz. Attivo dal 1973 sulla West Coast, pubblica ora per pfMentum ‘With You Jazz Cat’. Suonato assieme a Greg Zilboorg e Louis Lopez (tromba), Bill Plake (sax tenore), Andrew Pask (sax […]
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(pfMENTUM 2017) Abbiamo incrociato il trombonista e leader Michael Vlatkovich su questi lidi poco più di un anno fa quando, sempre per pfMENTUM, avemmo occasione di disquisire del suo lavoro per quartetto, “Myrofant’s Kiss” conoscendo di conseguenza il suo mood intriso di radicalità e innovazione, ma allo stesso tempo concentrato a non perdere di vista […]
(pfMENTUM 2016) Mai sentito niente di Michael Vlatkovich prima di questo “Myrnofant’s Kiss”. Un’iniziazione che ci permette di conoscere un musicista e compositore attivissimo all’interno del giro avant-improv made in NYC e canadese; trombonista il cui timbro poco ortodosso fa echeggiare nell’aria la scuola di George Lewis e Leroy Jenkins, accostando ad essa soluzioni personali […]
(Pfmentum 2015) Di nuovo il trombonista/compositore Michael Vlatkovich, di nuovo alle prese con i versi del poeta Mark Weber. Quel che riusciva piuttosto bene nel precedente incontro (“Multitudes Telepathic”) viene in “Elasticity”, passato ad un ingrasso che non giova affatto all’insieme. Trombone, voce declamante maschile, voce gorgheggiante femminile, sax tenore/clarinetto, piano e basso (oltre al […]
(pFmentum 2014) L’incontro col trombonista/compositore del Missouri, Michael Vlatkovich, non si fa mai attender molto. Ed ogni volta è un piacere, poiché come leader o co-lead, grazie a un’ispirata e bizzarra vena compositivo/esecutiva (intrisa di pungente sense of humor), riesce quasi sempre a rimarcar una sensibile distanza, dal grigio borbottio che spesso affligge analoghi percorsi. […]
(Ruido Horrible 2014) Cruda documentazione su nastro, di un plumbeo rituale ululante “Live In Loophole”. Che sul principio indugia in distorte riflessioni alla Justin Broadrick, per poi saturar ogni spazio a disposizione, esibendosi in rabbiose pose Grey Area (o Industrial Records), traforanti e ascensionali. Fra morsi di suono in circolo, cupe invocazioni e dissezioni sanguinolente. […]